La sua lezione: tolleranza, gratuità della conoscenza e critica dei fondamentalismi
Presentata a Londra l’edizione critica delle opere del pensatore condannato a morte. Ne parla Nuccio Ordine, suo grande studioso
L’evento è di rilievo. Dopo l’edizione francese Belles Lettres, finalmente anche l’Italia ha l’edizione critica delle Opere italiane di Giordano Bruno, curata da Giovanni Aquilecchia per l’Utet. Filosofo molto amato o molto odiato, Bruno è purtroppo poco letto. Eppure le sue pagine appaiono geniali anche ai profani. Si tratta ora di farlo uscire dagli stereotipi e apprezzarlo per quello che è: un pensatore grandissimo che ha discusso con anticipo tanti temi della modernità. Ne parliamo con Nuccio Ordine, che di Giordano Bruno è studioso di fama internazionale (il suo libro, La cabala dell’asino , è stato già tradotto in cinque lingue), prefatore e coordinatore di questa edizione Utet.
Perché Bruno, oggi?
«Basta rileggere alcune sue pagine per capirlo. In un’epoca in cui le scuole e le università vengono trasformate in aziende e il sapere diventa uno strumento per adeguarsi alle logiche del mercato, le riflessioni di Bruno suonano come un monito: rivendicano la gratuità della conoscenza. Non si studia per accumulare ricchezze o potere. Si studia per capire se stessi e il mondo. Per imparare a pensare criticamente. Ma la conoscenza, al contrario di quanto oggi vogliono far credere certe pedagogie edonistiche, non è un dono, ma frutto di una faticosissima conquista».
È difficile trovare qualcuno che lo dica ai giovani d’oggi.
«Sempre più difficile, in un mondo dove tutto deve essere facile e veloce. Tutta l’esistenza, per Bruno, si concretizza invece in un’inesauribile ricerca del sapere. Solo gli dei, che sanno tutto, e gli ignoranti, che presumono di sapere tutto, non cercano».
A questa riflessione si lega anche un altro tema ancora oggi percepito come eversivo: il rifiuto di un punto di vista assoluto.
«Assolutismi e fondamentalismi sono i mali del presente. La cosmologia infinitistica di Bruno insiste sulla relatività dei punti di vista, distruggendo ogni gerarchia. Una pulce e un pianeta hanno lo stesso peso. Così come tutti gli esseri viventi hanno uguale dignità. Questioni ignorate dai fautori degli scontri religiosi e delle guerre mascherate da missioni di pace».
Senza pluralismo non c’è comprensione dell’Altro.
«La tolleranza è uno dei concetti cardine della filosofia di Bruno. Tollerare significa percepire i limiti del proprio punto di vista e concepire il pluralismo non come ostacolo ma come ricchezza. Per Bruno esistono le religioni, le filosofie, le lingue. Il rigurgito di nazionalismi e di razzismi si pone come una gravissima minaccia per l’Europa e per l’umanità».
Ciò accade soprattutto quando è viva la scissione tra sapere e vita, pensiero e prassi…
«Per Bruno, la vita non può essere separata dalla filosofia. Così come il pensiero non può essere separato da una serie di comportamenti che devono essere in sintonia con esso anche nei gesti più umili. Bruno scrive le sue opere ma nello stesso tempo le sue opere scrivono la sua vita. Non a caso l’ultima pagina della sua filosofia coincide con il rogo di Campo de’ fiori».
Però quel tragico finale ha finito per costruire un mito che, paradossalmente, ha danneggiato le opere, occultandole.
«È per questo che dall’inizio degli anni 90 abbiamo lavorato per fornire un’edizione critica delle sue opere». Che colma, in Italia, un enorme vuoto editoriale …
«Per la prima volta tutte e sette le opere italiane vengono pubblicate assieme: il Candelaio e i sei Dialoghi ritrovano sul piano editoriale quell’unità che esprimono sul piano filosofico. È un evento frutto di un’alleanza tra due grandi editori di classici: Belles Lettres e Utet. Edoardo Pia concesse ad Alain Segonds l’autorizzazione a utilizzare alcuni testi di base che Aquilecchia aveva approntato per l’Utet. A partire da quei materiali, Aquilecchia ha messo a frutto, in Francia, cinquant’anni di filologia bruniana realizzando la sua preziosa edizione critica che oggi viene pubblicata dall’Utet. Questa edizione non avrebbe visto la luce senza il sostegno di Gerardo Marotta, presidente dell’Istituto italiano per gli studi filosofici, che ha promosso gli studi bruniani nel mondo».
Ma anche i commenti e le appendici sono di grande utilità…
«Alla loro stesura hanno collaborato importanti studiosi di diversi Paesi europei, come Badaloni e Barberi Squarotti, Granada e Seidengart. Si è trattato di un lavoro collettivo, durato dieci anni, con storici della filosofia, della letteratura, della scienza. Bruno richiede diverse competenze. Anche l’appendice è ricca di strumenti inediti: per la prima volta c’è un rimario, un incipitario e una tavola metrica di tutti i componimenti bruniani; un saggio sull’iconografia bruniana ricco di immagini e una documentazione iconografica sugli emblemi».
Come si appresta, l’Europa, a celebrare questo evento editoriale?
«Ieri, a Londra, con Conor Fahy, Lina Bolzoni e Jill Kraye. Martedì prossimo, a Parigi, con Ilya Prigogine, Marc Fumaroli e Michèle Gendreau-Massaloux. E poi a Berlino, a Barcellona, a Ginevra e a Bucarest. A partire da questa edizione di Aquilecchia sono in programma traduzioni in tutto il mondo: dalla Cina al Giappone, dalla Germania a diversi Paesi dell’Est europeo.